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Avatar e Titanic: due storie identiche. Fin nei minimi dettagli

9 febbraio 2010

C’è una simmetria perfetta fra il coro degli entusiasti, che elegge James Cameron a profeta del cinema che verrà, e quello dei critici, secondo i quali Avatar non è che l’ennesima versione della solita vecchia storia. La storia dell’eroe yankee che incontra i “selvaggi”, si schiera con loro e li aiuta a sconfiggere i cattivi (o almeno ci prova). Un polpettone in salsa ecologico-new age dal sapore un po’ western, che fa pensare a Balla coi lupi, Pocahontas, L’ultimo samurai. Non c’è dubbio: quanto al tema, il film si rifà ampiamente ad archetipi noti. Se però si guarda alla storia, per individuare il vero modello di Avatar non bisogna andare lontano. Basta scorrere la filmografia di Cameron, e fermarsi alla pellicola precedente.
Avatar e Titanic non hanno in comune solo le difficoltà di gestazione, i costi e gli incassi record, un lavoro fantastico sugli effetti speciali, il sarcasmo preventivo degli scettici e l’entusiasmo del pubblico pagante; ma anche, e soprattutto, la storia. Che è, nei suoi elementi narrativi, né più né meno la stessa storia.
Il marine invalido di Avatar si chiama Jake; l’artista vagabondo di Titanic, che ha il volto di Leonardo Di Caprio, porta lo stesso nome: Jack. Solo un caso? Impossibile, trattandosi di uno come Cameron, che dei propri film è sceneggiatore oltre che regista, ed è costruttore di trame implacabilmente perfette. Più verosimile che l’omonimia sia un indizio per lo spettatore; o forse un atto di onestà: vi racconto la stessa storia, ma non dite che non vi avevo avvertito.
Ma partiamo dall’inizio: fin dalla cornice, le similitudini sono evidenti. Entrambi i film cominciano con una missione in un elemento estraneo – le profondità marine, il pianeta Pandora – e con la ricerca di un tesoro: il “Cuore dell’Oceano”, gioiello che si crede affondato nel naufragio del Titanic, e l’unobtanium, materiale dalle proprietà straordinarie che offrirebbe alla Terra energia illimitata.
Jack e Jake sono entrambi handicappati: uno per condizione sociale, l’altro fisicamente (ha perso in battaglia l’uso delle gambe). Entrambi vengono coinvolti nella vicenda al posto di qualcun altro: Jack vince a poker il biglietto d’imbarco un attimo prima che la nave salpi; Jake viene reclutato all’ultimo momento per sostituire il fratello gemello, ucciso in una rapina. Lo scambio darà loro l’opportunità di entrare in contatto con un mondo altro: la high society della prima classe; il popolo blu dei Na’vi, che vive in simbiosi con la natura e con l’universo.
Il primo incontro con le protagoniste femminili coincide con un doppio salvataggio. Jack impedisce a Rose, disperata, di gettarsi dal ponte del Titanic, mentre Jake, minacciato da un branco di animali feroci durante la sua prima escursione su Pandora, viene salvato da Neytiri. Quindi subentra una nuova minaccia: le guardie della nave credono che Jack abbia fatto violenza a Rose, e tocca a lei salvare lui dall’arresto; Neytiri invece salva Jake un’altra volta: stavolta dai guerrieri Na’vi, che vorrebbero uccidere lo straniero. Conosciamo a questo punto i promessi sposi delle due: il ricco Caledon, egoista e classista, scelto dalla madre di Rose contro la sua volontà, e Tsu’tey, fiero e inflessibile capo dei guerrieri di Pandora. Ed è a questo punto che all’eroe è concesso di entrare in contatto con il “mondo sconosciuto”: la altezzosa upper class invita a cena Jack per sdebitarsi; i Na’vi permettono a Jake di restare fra loro, di imparare le loro usanze.
Siamo all’inevitabile innamoramento. Impossibile, secondo le regole, fra esseri così diversi per origine o per censo: ma al cinema, si sa, gli amori impossibili sono di casa. Però portano guai: il Titanic finisce contro il fatale iceberg; i terrestri attaccano Pandora con tutta la forza bruta di cui dispongono. Siamo al climax della storia. L’upper class si sente tradita dal giovanotto che ha osato infrangere le regole sociali, ed “espelle” Jack dal suo mondo. I Na’vi, cui Jake racconta la verità sulla sua missione, si sentono traditi e lo “espellono” a loro volta. La crisi coinvolge la coppia. Rose crede Jack colpevole di un furto che non ha commesso e gli volta le spalle. Lo stesso fa Neytiri, quando Jake le appare nelle vesti del traditore.
La situazione precipita. Il Titanic affonda, l’attacco devasta il pianeta Pandora. È il momento del riscatto; il ritmo visivo del film accelera fino al parossismo. Jack riesce a fare in modo che Rose non rimanga intrappolata nella nave; Jake sottomette il grande uccello rosso e dà il via alla riscossa. L’amore di Rose e Jack sconfigge, metaforicamente, il male. E Jake porta Neytiri e il suo popolo a sconfiggere il male: l’apparato militare terrestre.
Il corpo di Jack viene inghiottito dall’oceano, ma il suo spirito resta con l’amata: così come lo spirito di Jake, che trasferendosi definitivamente nel suo avatar resterà con Neytiri. Nell’epilogo, il cerchio si chiude: al termine del lungo flashback di Titanic, Rose affida al mare il gioiello oggetto della ricerca: lo aveva sempre tenuto con sé. Il “Cuore dell’oceano” resterà nelle profondità marine per l’eternità. E l’unobtanium, grazie alla cacciata dei terrestri, resterà per sempre nelle profondità di Pandora.
Di concomitanze ce ne sarebbero molte altre, ma non è il caso di andare oltre. Curiosamente, Cameron sembra aver seguito il consiglio che i più spregiudicati fra gli insegnanti di scrittura e sceneggiatura offrono agli allievi in cerca di una buona storia: prendere un film campione di incassi o un romanzo best seller, smontarlo nei singoli elementi narrativi e utilizzare questi ultimi per costruire una nuova storia – ovviamente, cambiando ambientazione, personaggi e così via in modo che la vecchia non sia riconoscibile. È ciò che è avvenuto in questo caso: Avatar e Titanic sono senza dubbio la stessa storia. Ma almeno non si può dire che Cameron abbia rubato l’idea a qualcun altro.
(pubblicato sul settimanale “Azione” l’8 febbraio 2010)

POST SCRIPTUM: A SCANSO DI EQUIVOCI, AVATAR RESTA UN GRAN BEL FILM!